Ultima modifica: 13 Maggio 2022
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Il “nostro” 9 maggio: Aldo Moro e Peppino Impastato

La memoria non mente mai…

 

9 maggio 1978

9 maggio 1978, due figure simbolo della storia della nostra Italia: Aldo Moro e Peppino Impastato.

Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, sequestrato a marzo e assassinato dalle Brigate Rosse.

Peppino Impastato, siciliano militante di Democrazia proletaria che da Cinisi denunciava la mafia e gli affari del clan di Tano Badalamenti.

Aldo Moro: le Brigate Rosse fanno ritrovare il cadavere di Aldo Moro in via Caetani, all’interno di una Renault rossa parcheggiata tra il civico 32 e il 33.

Qualche ora prima Peppino Impastato viene ritrovato nei pressi di binari ferroviari della tratta Palermo-Trapani, dilaniato da un’esplosione.

I funerale di Aldo Moro si svolgeranno il 13 maggio, quelli di Peppino Impastato il 10.

Per Moro un funerale di Stato  ma manca la famiglia che ha onorato la memoria del congiunto che in una lettera a Zaccagnini scrisse “per una evidente incompatibilità, chiedo che ai miei funerali non partecipino né autorità dello Stato né uomini di partito. Chiedo di essere seguito dai pochi che mi hanno veramente voluto bene e sono degni perciò di accompagnarmi con la loro preghiera e con il loro amore”.

“La famiglia – sarà il perentorio comunicato ufficiale dei familiari – si chiude nel silenzio e chiede silenzio. Sulla vita e sulla morte di Aldo Moro giudicherà la storia”.

I funerali di Peppino non furono funerali di Stato ma lo Stato fu degnamente rappresentato dalla mamma:

Questo non è mio figlio.
Queste non sono le sue mani, questo non è il suo volto, questi brandelli di carne non li ho fatti io.
Mio figlio era la voce che gridava nella piazza, era il rasoio affilato dalle sue parole, era la rabbia, era l’amore che voleva nascere, che voleva crescere.
Questo era mio figlio quando era vivo, quando lottava contro tutti, mafiosi, fascisti, uomini d’onore, che non valgono neppure un soldo, padri senza figli, lupi senza pietà. Parlo con lui da vivo, non so parlare con i morti.
L’aspetto giorno e notte, ora si apre la porta, entra, mi abbraccia, lo chiamo, è nella sua stanza a studiare, ora esce, ora torna, il viso nero come la notte, ma se ride è il sole che spunta per la prima volta, il sole bambino.
Questo non è mio figlio, questa bara piena di brandelli di carne non è Peppino: qui dentro ci sono tutti i figli non nati di un’altra Sicilia (La madre di Peppino – Umberto Santino).