Ultima modifica: 13 Maggio 2022

9 maggio, si, però…

La memoria non mente mai…

 

 

Credo che oggi serva ricordare alcuni fatti storici affinchè la memoria non possa essere obnubilata…

Rimando ai docenti di storia i dovuti approfondimenti.

Il Dirigente scolastico

Maurizio Primo Carandini

 

Il 22 agosto 1939, Molotov e Ribbentrop firmarono al Cremlino, mentre le missioni militari britannica e francese deliberavano con Vorosilov in un edificio vicino, un patto di non aggressione decennale; in realtà si trattava di un patto di aggressione contro la Polonia.

Il patto Stalin-Hitler comprendeva di fatto l’occupazione e la spartizione della Polonia, metà alla Russia stalinista e metà alla Germania di Hitler.

Il 24 agosto il testo del patto venne pubblicato dalla Pravda, a differenza del protocollo aggiuntivo firmato dai due paesi, che rimase a lungo segreto: nel protocollo aggiuntivo era contenuto l’accordo relativo alla «delimitazione delle sfere di interessi reciproci in Europa orientale». In vista degli imminenti mutamenti territoriali provocati dall’iniziativa tedesca, tale spartizione collocava l’Estonia, la Lettonia, la Finlandia, la Polonia orientale e la Bessarabia nell’orbita d’influenza sovietica.

Grazie a quest’intesa, se l’Urss si assicurava il controllo dei paesi baltici e di altri territori d’importanza strategica rilevante, Hitler si assicurava il via libera per attaccare la Polonia: poteva contare, infatti, sulla certezza che Stalin non si sarebbe unito alla Gran Bretagna e alla Francia, le quali avevano promesso il proprio sostegno al paese che stava per essere aggredito dalla Germania. La soddisfazione reciproca venne festeggiata amichevolmente da quanti avevano partecipato alle trattative; «Stalin brinda addirittura con champagne alla salute di Hitler, proclamando: “So quanto la nazione tedesca ami il suo Führer. E’ un bravo ragazzo. Per questo desidero bere alla sua salute”» (A. Peregalli, Il patto Hitler-Stalin e la spartizione della Polonia, Erre Emme, Roma 1989, p. 15)

La capitolazione di fronte a Hitler, tuttavia, raggiunse il suo apice più «infame» 6 nel febbraio del 1940, quando Stalin decise di consegnare ai tedeschi 570 comunisti e antifascisti tedeschi e austriaci che erano emigrati nell’Urss per sfuggire alle persecuzioni che erano state scatenate contro gli oppositori nei loro paesi di provenienza; essi furono affidati alle SS tedesche a Brest-Litovsk, lungo la linea di demarcazione fra i territori controllati dai due paesi alleati: «l’impossibile diventava reale – ha scritto una sopravvissuta – Stalin consegnava gli esuli comunisti a Hitler» (P. Spriano, I comunisti europei cit., p. 116).

Subito dopo la definizione dei nuovi accordi relativi alla spartizione dei territori polacchi, l’Urss decise di procedere alla soluzione di tutti i problemi aperti con i paesi baltici, che in virtù dell’intesa con Hitler erano finiti nella sfera d’influenza sovietica. Dopo essersi assicurato pure il controllo della Lituania, Stalin decise di affrontare la questione finlandese: propose al governo di Helsinki di accettare una sorta di protettorato sovietico, e di fronte al rifiuto finlandese optò per un attacco militare, che iniziò alla fine di novembre; le operazioni, tuttavia, si dimostrarono meno semplici del previsto, e la guerra si prolungò per tre mesi: l’armata sovietica fu costretta ad affrontare una fiera resistenza da parte del paese aggredito; tale resistenza mise in luce l’impreparazione militare di un esercito ancora provato dalla durezza delle purghe scatenate dal regime staliniano.

Quando, il 18 giugno, la Francia sconfitta chiese alla Germania l’armistizio, Molotov espresse all’ambasciatore tedesco «le più calorose congratulazioni del governo sovietico per gli splendidi successi degli eserciti tedeschi» (citato in A. Peregalli, Il patto Hitler-Stalin cit., p. 49)

Ma nell’estate del 1940, d’altra parte, si era creata una situazione di tensione diplomatica fra i due paesi per il controllo dell’Europa sud-orientale: l’oggetto della contesa era la Romania, in particolare il petrolio che si produceva in quel paese. Ciò nonostante, all’inizio di agosto Molotov non perse l’occasione di sottolineare che alla base dell’accordo fra i due paesi non c’erano «delle considerazioni casuali di carattere transitorio, ma i fondamentali interessi statali sia dell’Urss che della Germania» (citato in A. Peregalli, Il patto Hitler-Stalin cit., p. 55).

Spaventato dalle dimostrazioni di forza di Hitler, ancora una volta Stalin stava palesando di non essere in grado di pensare agli inevitabili sviluppi che si stavano preparando: si aggrappò fiducioso alle manovre che lo avevano collocato al fianco del dittatore tedesco, e volle ignorare persino i rapporti che i suoi servizi segreti gli mettevano a disposizione. Come atto estremo di fiducia nei confronti del suo alleato, Stalin fece demolire una potente linea di fortificazioni che era stata costruita prima della guerra sul confine occidentale, nei pressi di Minsk, in previsione di un possibile attacco tedesco; l’ex generale Grigorenko scrisse nelle sue memorie: «Il piano Barbarossa di Hitler non poteva ricevere regalo migliore» (Ivi, p. 230).